Paolo Preto, ordinario di Storia moderna all’Università di Padova, è Autore che i nostri Lettori hanno già avuto modo di conoscere ed apprezzare per il volume I Servizi Segreti di Venezia (vds. n. 1/95).
L’opera più recente del Professore, che presentiamo in questa occasione, affronta invece il tema delle accuse anonime, delle delazioni e delle inquisizioni. Ciò attraverso un documentato excursus storico che, prendendo le mosse dal mondo greco e romano, giunge alla realtà, cara al Professore, della Repubblica di Venezia, alle denunce segrete al Consiglio dei Dieci e agli Inquisitori.
Il titolo stesso del lavoro di Preto ne costituisce una chiara presentazione.
Anche se, in realtà, a parlare sono la documentazione degli archivi, “gli uomini del passato, con le loro idee, le loro passioni e, naturalmente, le loro parole”.
La tematica della delazione anonima è già stata trattata in queste pagine attraverso il contributo di altri Autori.
La comprensione di tale fenomeno è infatti significativa, nelle diverse epoche storiche, per valutare il tessuto sociale di una qualsivoglia realtà oggetto d’esame.
Nel numero 21/2001, la Rivista ha per esempio accolto l’interessante intervista di Mimmo Franzinelli, autore del volume Delatori, in cui si affronta la medesima tematica pur riferita al periodo fascista, attraverso una approfondita ricerca storica cui non sfuggono significative deduzioni.
Preto, piuttosto, inquadra la delazione nel contesto dell’iniziativa del processo penale, affidata ad Atene ai sicofanti e a Roma all’accusa del privato cittadino. Quando poi nell’Europa medioevale e moderna il processo accusatorio è dapprima affiancato e, in seguito, sostituito da quello inquisitorio, anche in virtù dell’autorevole intervento della Chiesa e della Santa Inquisizione, lo speciale potere della ricerca e persecuzione dei delitti diventa compito precipuo di pubblici ufficiali o procuratori del fisco e la figura di denunciatori segreti viene perfino legislativamente prevista.
Tra le conseguenze dell’affermazione del processo inquisitorio va evidenziato, oltre all’ammissione e talvolta all’incoraggiamento alle denunce segrete, anche l’obbligo per medici ed autorità pubbliche in genere, sia laiche che ecclesiastiche, di denunciare i delitti di cui vengono a conoscenza ex officio o per pubblica fama.
Sarà poi l’avocatus de parte publica, rappresentante degli interessi dello Stato e della collettività offesa, a svolgere tutte quelle attività che consentiranno di provare ad ottenere, nel corso del processo, la condanna del reo.
Preto ci fa conoscere come le denunce anonime – prima di essere esaminate dalle autorità competenti – venissero depositate in apposite bocche di pietra (alcune delle quali ancora presenti a Venezia, e riprodotte nella bella copertina), spesso indicanti il reato contro cui testimoniare.
Analogamente, ha ricercato e riprodotto i termini usati nel corso degli anni nelle diverse località, insieme alle modalità adottate affinché i delatori potessero ricevere eventuali ricompense.
Quel che si evince, con dovizia di particolari, è come la delazione anonima fosse non solo uno strumento ritenuto valido, ma perfino sollecitato dai governi cittadini, anche per prevenire e reprimere disordini e turbative popolari. In ogni caso, risultava un ottimo sistema per avere sempre sotto controllo la sicurezza e la tranquillità dello Stato.
Nel tempo, tale tipologia di denunce non si è limitata alla sfera penale-politica, finendo per estendersi a quasi tutte le magistrature veneziane sino a divenire un mezzo normale per la richiesta e l’esercizio di qualsiasi forma di giustizia.
Le denunce segrete, che fanno parte della “leggenda nera” della Venezia dei Dieci e degli Inquisitori, rappresentano d’altro canto uno dei temi centrali della polemica storiografica riconducibile all’epopea della Serenissima, memoria e immagine della Repubblica da un lato e della città del dispotismo e dello spionaggio dall’altro, spunto di interesse per romanzieri, pittori e librettisti d’opera.
Persona per hora secreta è un’opera di straordinari pregi, consente di conoscere, attraverso l’immenso lavoro di studio e di ricerca svolto con passione da Paolo Preto, la vita pubblica e privata della Repubblica veneziana, attraverso testi e documenti d’epoca che richiamano, con immediatezza, immagini di accuse e calunnie feroci contro nobili o rivali con le parole e l’intercalare tipico ora della nobiltà colta, ora delle classi più umili, per riportarci a vivere aspetti sconosciuti e insieme quotidiani di una società che ha creato la propria potenza anche sulle orme di un sistema spionistico eccezionalmente diffuso.
Le “bocche di leone”, nonostante tutto, ne restano imperitura testimonianza.
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